Festa del Gioia, o Uomo Vivo, che si svolge la domenica di Pasqua a Scicli (RG).
La festa del Gioia, con l’articolo maschile come si usa spesso in Sicilia, può sembrare un normalissimo rito pasquale locale: messa, processione e pranzo.
Quello che la rende speciale è l’estrema passione con cui il Gioia viene festeggiato: l’amore e l’esultanza dei portatori dell’Uomo Vivo.
Appena finita la messa nella chiesa di Santa Maria la Nova, inizia la processione del Venerabile, cioè del SS. Sacramento, il nome ufficiale del Gioia.
Subito un numero indefinito di giovani si impossessa letteralmente della statua settecentesca e inizia il vero rito.
Il Cristo viene sollevato con le braccia stese in alto, prima da un lato e poi dall’altro: i giovani gridano “Gioia! Gioia! Gioia!”.
Per più di un’ora dentro la chiesa i portatori continuano a sollevare freneticamente la statua, sbilanciandola notevolmente su un lato e poi sull’altro: la passione e l’esaltazione dei portatori si espande a tutta la popolazione intorno.
Come in una sorta di ballo, la statua del Cristo viene fatta ondeggiare, per esprimere il senso di vittoria e felicità per l’avvenuta resurrezione: il Gioia è il Cristo più umano che io abbia mai visto.
La processione inizia in mezzo ai lanci di fiori dei fedeli attorno alla statua e dai balconi: poi il Gioia viene portata in giro per le vie di Scicli,
in un trionfo di spinte e leve, di grida e corse che culminano nella girandola, davanti al sagrato della chiesa: i giovani portatori iniziano a far girare la statua su se stessa, fino a formare un cerchio di corpi e legno.
La partecipazione delle persone è totale, così come è evidente l’amore, assolutamente terreno, che nutrono per il Gioia. La stessa parola esprime un affetto e
una vicinanza emotiva incredibile e la capacità di guardare al Cristo come ad un essere umano, l’Uomo Vivo appunto.
Raccontare una rito del genere è difficile: il tripudio dei portatori e della folla, l’empatia che si diffonde, l’autentico senso di umanità che avvolge tutti.
La statua, avanza ondeggiando, lungo la via Santa Maria la Nova, fino al piano del Consolo: qui esplode di nuovo “maschiata” , u pìttimu. Gli spari di grossi mortai e i fuochi d’artificio avvolgono tutti in un’atmosfera surreale.
Il Giaia procede fino a piazza Busacca: i portatori procedono più veloci e più lenti, alternando il ritmo e l’andatura, attorno alla piazza,
al centro della quale c’è la statua di Pietro Di Lorenzo Busacca. Ad un certo punto, quando i portatori sono sfiniti, cedono all’ultimo giro e lasciano la statua dentro la vicina chiesa del Carmine.
All’incirca verso le ore 16 tutto ricomincia: l’Uomo Vivo viene portato di nuovo in processione fino a sera, quando verrà riportata dentro la
chiesa con il suo andamento “umano”. Una volta rientrata tutti i fedeli vanno a baciarla, mentre la festa continua fin dopo mezzanotte fra i fuori e le grida al Gioia.
La Festa dell’Uomo Vivo è una di quelle cose da non perdere, se si vuole davvero capire quanto, in Sicilia, il paganesimo
si sia intrecciato alla fede cristiana e come si sia riuscito a creare delle tradizioni sincretiche e fortemente simboliche.